Aneurismi IntracraniciGli aneurismi sono dilatazioni più o meno circoscritte dei vasi arteriosi intracranici, colpiscono circa il 5% della popolazione e sono dovuti probabilmente ad una predisposizione genetica, anche sse molto importanti sono alcuni fattori come l’ipertensione arteriosa,fumo di tabacco, alcolici, l’uso prolungato di analgesici ed altre patologie dei vasi che indeboliscono la loro delicata architettura predisponendo allo sviluppo degli aneurismi.

Fino a qualche tempo fa si credeva cha anche l’aumento della pressione arteriosa che avviene fisiologicamente durante l’esercizio fisico possa essere causa di aneurismi endocranici, ma si è visto che circa il 40% degli aneurismi sanguinano durante il riposo, il sonno.
Gli aneurismi si rompono con maggiore frequenza nelle donne ed intorno ai 60 anni. Le arterie più frequentemente colpite sono:

vasi

– arteria comunicante anteriore 55-58%
– arteria carotide interna 31-33%
– arteria cerebrale media 17-20%
– gruppo vertebro basilare 8-10%

Gli aneurismi, che possono essere unici o multipli, vengono suddivisi in base alle dimensioni in:
– baby aneuurisms <5mm – small 5-12mm – large 12-25mm – giant >25mm

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aneurism

Morfologicamente possono essere suddivisi in:

  • sacciformi
  • fusiformi
  • dissecanti

Sintomi
Gli aneurismi giganti possono dare sintomi dovuti alla compressione delle strutture nervose con cui vengono in contatto, tutavia la maggior parte degli aneurismi danno sintomi legati al loro sanguinamento, in seguito a rottura.
Il sintomi più frequente è infatti l’ESA (emorragia subaracnoidea), anche se si possono avere anche sanguinamenti ventrocolari o intraparenchimali.
E’ una patologia che interessa soprattutto pazienti intorno ai 50 anni e si presenta nel seguente modo:
– intensa cefalea occipito-nucale “a colpo di pugnale”
– vomito
– perdita transitoria della coscienza
– rigidità nucale
– febbre
– emorragie retiniche

Spesso la rottura vera e propria è preceduta “minor leaks” che si presenta con
– modesta cefalea dolore nucale continuo
– rialzo termico
– dolore retroorbitario
– parestesie facciali
– diplopia
– riduzione del visus

Sono disponibili vari tipi di classificazioni, una delle più usate e la Scala di Hunt e Hess:
I grado cefalea e rigor nucalis lieve
II grado cefalea e rigor nucalis marcati
III grado deficit neurologici
IV grado compromissione della coscienza con o senza deficit neurologici
V coma con reazione in decerebrazione

Complicanze:
– risanguinamento, massimo nelle prime 48h
– ischemia cerebrale secondaria a vasospasmo che si verifica circa 7-10 giorni dopo l’emorragia
– idrocefalo comunicante (allargamento dei ventricoli cerebrali con solo un intermittente elevazione di liquido cerebrospinale. Tale dilatazione è dovuta ad una diminuzione dell’assorbimento del liquido cerebrospinale, bloccato da varie ostruzioni quali l’obliterazione delle cisterne subaracnoidee), o non comunicante (ostruttivo), che può essere anche di entità tale da richiedere una derivazione ventricolare.

Diagnosi
Per la diagnosi è fondamentale in primo luogo la TC; lo studio viene poi completato con angio-RM e angiografia.

Terapia
L’esclusione dal circolo della sacca aneurismatica può avvenire utilizando la tecnica chirurgica o quella endovascolare, in base i casi (condizioni cliniche del paziente, età, sede e forma dell’aneurisma).

Aneurismi Intracranici

Il trattamento chirurgico avviene per mezzo di clippes metalliche (simili a mollette, ma di dimensione evidentemente ridottissime, che chiudono la dilatazione pinzandone le pareti) e prevede una craniotomia (l’apertura del cranio, tramite un piccolo “sportello” ovvero si asporta una parte di osso cranico che viene poi riposizionato a fine intervento). Indicazioni:
– età del paziente <46 anni
– colletto dell’aneurisma largo
– dimensioni dell’aneurisma, i grossi aneurismi non possono essere completamente embolizzati

Il trattamento endovascolare viene riservato a quei casi in cui:
– il colletto è stretto
– il paziente ha più di 46 anni
– pazienti defedati
– la sede anatomica dell’aneurisma richiederebbe un intervento troppo demolitivo

angiogram

Questo tipo di trattamento ha come suo punto di forza quello di essere mininaviso, in quanto si accede ai vasi intracranici, cateterizzando un vaso periferico, quindi non si apre la scatola cranica, non si manipolano le strutture nervose. Tuttavia questo tipo di approccio non permette di lavare le cisterne liquorali ripiene di sangua in seguito all’emorragia. Questo è un punto importante perchè il sangue irrita la parete vasale e favorisce fortemente il vasospasmo, potendo causare ischemie da vasospasmo. Inoltre i pazienti devono essere sottoposti ad angiografie di controllo postoperatorie poichè la sacca aneurismatica dopo essere stata riempita con i materiali utilizzati per l’embolizzazione (colle,spirali) cambia forma e dimensione. E fondamentale assicurarsi che questo cambiamento non comporti nessun rischio di embolizzazione del

materiale contenuto nella sacca, eventualità questa molto rara ma potenzialmente letale. Fino a qualche anno fà si pensava che questo approccio potesse soppiantare definitivamente la chirurgia degli aneurismi, risparmiando così l paziente un itnervento “pesante” ed al chirurgo un intervento complesso tecnicamente. Tuttavia questa tecnica col tempo sta mostrando i suoi limiti, anche se il progresso tecnologico sta apportando delle modifiche tali da rendere la chirurgia sempre meno invasiva e probabilmente fra qualche tempo l’approccio endovascolare soppianterà veramente la chirurgia. Quello che è certo che essendo un metodica di recente introduzione, necessita di un follow-up più lungo di quello attualmente disponibile, che possa permettere di conoscere bene la reale tenuta dei materiali utilizzati per l’embolizzazione e di capire come questi materiali regiscano al passare dei decenni. Infatti sicuramente anche questi materiali hanno una loro “vita”, basti pensare alle protesi d’anca che hanno una tenuta di 15 anni circa epoi vanno sostituite o alle protesi valvolari cardiache che se biologiche hanno una tenuta maggiore rispetto a quelle artificiali.

L’ideale è intervenire nelle prime 48h, anche se su questo punto c’è ancora molto disaccordo, in quanto alcuni sono dell’opinione di aspettare molto pià tempo (circa 15 giorni), insomma non c’è ancora una linea univoca di approccio.
Fondamentale è indurre ipertensione in modo da ridurre al minimo l’ischemia.